Il detective James Jondhall e sua moglie Catherine erano andati in vacanza all’hotel in montagna “The Top of Mountains”. Pensavano di trascorrere una vacanza tranquilla e rilassante, invece ad attenderli trovarono un omicidio che aspettava solo di essere risolto…
La luce era
spenta. Eravamo a letto nella stanza numero 324 dell’hotel “The Top of
Mountains”. I miei occhi erano socchiusi. Sentii un urlo e poi… Strch! Una
finestra che si rompe. Mio marito si alzò di scatto, aprì la porta e corse
nella stanza accanto. E’ da lì che era provenuto il rumore. Mi misi la
vestaglia e lo raggiunsi. Che scena orribile!
Su una poltrona
era seduto un anziano signore che teneva tra le mani un coltello. Gli occhi
erano chiusi e la bocca spalancata. Il corpo era floscio, penzolante. Senza
vita. Stava ancora perdendo sangue. Aveva una ferita profonda. Il colpevole non
aveva avuto pietà. Una coltellata al cuore.
Chiamata la
polizia, mio marito decise che avrebbe iniziato a investigare il giorno
seguente perché era troppo stanco e come dice lui “la stanchezza nasconde le
prove”.
Dopo colazione
andammo sulla scena del crimine. La stanza era in ordine, non c’era niente
fuori posto. Soltanto il libro che stava leggendo l’uomo prima che venisse
ucciso. Mentre mio marito cercava di capire come il colpevole fosse riuscito a
scappare dalla finestra, io cercai indizi. Era difficile capire cosa fosse
accaduto, perché era tutto in ordine, non c’erano tracce. Ma prima che perdessi
la speranza vidi qualcosa che luccicava opacamente. In bagno, allo spigolo
della porta, c’era una forcina di colore oro arrugginito.
A pranzo facemmo il punto della situazione.
James mi domandò: “Allora, Katy, hai trovato qualcosa?”
“Si. Una prova.
In bagno al colpevole è caduta una forcina color oro. E’ un po’ arrugginita,
potrebbe averla usata per scassinare la porta”. Lui stava riflettendo. Adoro
quando riflette. I suoi occhi azzurri come l’oceano sembrano guardare un punto
a vuoto, ma invece stanno cercando nella mente prove, indizi, ricostruendo il
caso.
“James, e invece
tu, scoperto niente?”. Lui mi guardò e poi rispose: “Si. Ho scoperto come ha
fatto il colpevole a lanciarsi dalla finestra e a scappare. Sotto la finestra
c’era un salterello coperto dalla neve. Possiamo dedurre che il nostro
colpevole sia un acrobata visto che i comuni mortali non riescono a saltare da
dieci metri e atterrare su un salterello. Deve essere un esperto”.
Passammo tutto il
pomeriggio a fare domande al personale e agli ospiti dell’albergo.
Una giovane
donna, che avrà avuto all’incirca trent’anni, si avvicinò a noi piangendo e
piagnucolando riuscì a dire: “Buongiorno, lei dev’essere il dective Jonhdall.
Io sono la figlia del signor Greendelval, l’uomo che è stato ucciso la scorsa
notte. Oh non sa quanto sono felice di conoscerla! Sono scioccata da quando mi
hanno riferito della morte e spero che lei potrà risolvere il caso, detective,
almeno potrò stare tranquilla quando l’assassino di mio padre sarà in carcere”.
James le spiegò:
“Signorina Greendelval,
per ora non abbiamo molte prove che ci aiutino. Se mi permette le vorrei fare
qualche domanda”. Lei annuì e così iniziammo l’interrogatorio. “Lei sa se suo
padre aveva qualche nemico, che centrasse su qualcosa che aveva fatto in
passato?”. Lei negò. Mi sembrava un po’ persa quando le chiedevamo di parlarci
di suo padre. Non conosceva molto di lui.
Insistetti
chiedendole: “Signorina, lei ha una sua idea di chi potesse essere
l’assassino?”. Lei ammise a malincuore: “Una mia idea ce l’ho. Non mi giudicate
però. Io penso che si sia stata mia sorella minore. Vede, detective, la nostra
infanzia non fu molto idilliaca. Nostra madre morì quando noi eravamo piccole e
nostro padre iniziò a ubriacarsi per far passare il dolore della perdita. Ma
l’alcol gli fece perdere anche la ragione: iniziò a picchiarci e a scatenare
tutta la sua ira su di noi. E mia sorella non ce la faceva più a sopportarlo.
Io cercavo di tranquillizzarla e di farle notare che dopotutto era nostro
padre. Ma lei non ce la faceva. Poi i rapporti col tempo continuarono a
peggiorare. Penso lei lo abbia fatto per rivendicare l’infanzia molto
turbolenta”.
La sera, dopo
cena, mi sedetti su una poltrona della hall per rilassarmi. Mi si avvicinò una
signora molto anziana. Camminava con un bastone di legno ben lavorato. Dava
l’aria di essere molto saggia per i suoi occhiali che posavano sulla punta del
naso. Si sedette nella poltrona accanto alla mia e iniziò a borbottare che
l’omicidio stava portando male voci sul suo albergo. Io la interruppì chiedendole:
“Signora, lei è la proprietaria di questo hotel?”. “Si, mia cara giovanotta. L’ho ereditato da mio padre”. Io volli argomentare: “Il signor Greendelval, l’anziano che è stato ucciso, era un cliente ordinario?”. Lei annuì lentamente e aggiunse: “Dal 1920 che viene nel nostro hotel, ogni vacanza estiva e natalizia. La prima volta che venne qua da noi, io avevo 20 anni, lui 23. Mi presi una cotta per lui. Era un uomo bello, alto, molto muscoloso. Era molto molto attraente. L’anno seguente, però, tornò con una donna incinta. Si era sposato prima che io potessi rivelargli il mio amore. Si vede che il mio destino non era quello di stare insieme a lui”. Io insistetti, volevo saperne di più. “Ha mai notato qualcosa di strano in questi anni?”. Lei confessò: “Deve sapere che il signor Greendelval era molto violento. L’ho visto picchiare sua figlia maggiore. Povere quelle due ragazze. La loro madre fu uccisa quando loro erano molto piccole. Non hanno avuto un’infanzia tranquilla. Io penso anche che sia stato il signor Greendelval ad uccidere la moglie, perché era geloso”.
La mattina
seguente, mio marito mi disse di aver chiamato il fidanzato della sorella
minore della signorina Greendelval, e di aver scoperto che lei era partita il
giorno prima dell’omicidio da Parigi, dicendo che voleva chiarirsi col padre.
Mentre James continuava a investigare, io andai a sciare per rilassarmi un po’ visto che dopotutto ero in vacanza. Sulle piste incontrai la signorina Greendelval che, con lo snoboard, stava provando delle acrobazie. Mamma mia, che salti! La chiamai per chiederle se voleva prendersi una cioccolata calda con me e lei accettò volentieri. “Allora, signorina…”, “mi chiami Jasmine” mi interuppe. “Allora Jasmine, ho visto che sei molto brava con lo snowboard”. “La ringrazio. Sono un acrobata sulla neve”. Mentre si toglieva il casco notai che tra i capelli aveva qualcosa di luccicante…
Quando tornai all’albergo, chiamai mio marito che, prima che potessi aprire bocca, mi annunciò che era arrivata la sorella minore di Jasmine e che aveva capito chi era il colpevole. Io gli precisai che era proprio per quello che ero andata da lui. Avevo capito anch’io chi era il colpevole. Chiamate le due sorelle e l’ispettore della polizia, ci dirigemmo nella stanza del crimine.
Iniziò a parlare
mio marito: “Vi abbiamo convocato qui stasera, perché abbiamo scoperto chi è
l’assassino del signor Greendelval. Devo ammettere che è stato molto bravo a
mantenere l’ordine, infatti è stato difficile trovare delle prove. L’unica cosa
che non aveva pianificato è che il signor Greendelval lo stava aspettando”.
James mi mandò un’occhiata e continuai io la spiegazione: ”In bagno ho trovato
una forcina color oro che si era arrugginita. L’assassino deve averla usata per
scassare la porta. Quando però è entrato e si è avvicinato all’anziano che si
fingeva addormentato, si è spaventato quando l’uomo si è svegliato e la forcina
gli è caduta. Dalla paura, tirò un urlo, molto acuto, tipico delle ragazze.
Senza pensarci due volte, pugnalò l’anziano signore, e scappò, buttandosi dalla
finestra e spaccando il vetro”. Mio marito concluse: “Noi abbiamo trovato un
salterello sotto alla finestra e abbiamo pensato che l’assassino dovesse essere
un bravo acrobata. Così, siamo giunti alla conclusione che il colpevole, colui
che ha ucciso il signor Greendelval, è sua figlia Jasmine!”.
Lei, sbalordita,
replicò: “Ma non avete prove contro di me!”. “Mia cara signorina, in questo si
sbaglia. La mia acutissima moglie mi ha riferito che lei è una splendida
acrobata con lo snoboard e in più, ha notato che lei indossava delle forcine
identiche a quella che abbiamo trovato. Quindi non c’è dubbio, è lei il
colpevole”.
Jasmine protestò:
“E sentiamo, detective, perché lo avrei dovuto fare?”.
“Mi sembra molto
ovvio, signorina. Ma se ancora non l’ha capito, glielo spiego. Sempre per
merito di mia moglie, siamo venuti a conoscenza della morte di vostra madre. Ma
non una morte accidentale, bensì pianificata. Siamo andati a ricercare nei
vecchi archivi e abbiamo scoperto che a uccidere vostra madre è stato il signor
Greendelval. Voi, ovviamente, lo sapevate, ma non potevate dire niente perché
sennò vi avrebbe picchiate. Ed è così che lei ha voluto rivendicare la morte di
sua madre e l’infanzia infelice che ha dovuto passare”.
Jasmine venne
portata via dall’ispettore di polizia e noi, finalmente, potemmo tornare alla
nostra vacanza che stava per concludersi.